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Washi, la carta giapponese in grado di durare secoli

Sembra incredibile come la washi, la carta giapponese dal carattere delicato e soffice, possa essere al tempo stesso forte e resistente, in grado di superare secoli, avversità, addirittura incendi!

Chiamata spesso erroneamente carta di riso, con cui però non ha niente a che fare, la washi ha una storia antichissima che inizia almeno 1300 anni fa, quando arrivarono dalla Cina le prime tecniche di fabbricazione della carta. Le caratteristiche climatiche e geografiche del Giappone, hanno poi contribuito all’emergere di un’ampia varietà di tipi di carta, lavorata a mano in diverse regioni dell’arcipelago.
Da allora le tecniche di lavorazione della washi non sono quasi mai cambiate, la sua fama è cresciuta oltrepassando i confini nipponici, e nel 2014 è stata riconosciuta dall’Unesco patrimonio culturale immateriale dell’Umanità.

La washi, una carta multitasking presente in ogni aspetto della vita giapponese

Poliedrica e versatile, potremmo definirla una carta multitasking, in grado di rispondere a qualsiasi esigenza, la washi è stata ed è tuttora ampiamente utilizzata dai giapponesi in ogni aspetto della loro vita. E’ usata per rivestire ciotole e utensili, per realizzare ombrelli, porte scorrevoli shoji, per confezionare regali con i mizuhiki (decorazioni con fili di carta), per l’illuminazione come le lanterne (chochin) e le lampade (andon), per creare ventagli rotondi (uchiwa) o pieghevoli (sensu).

La longevità della washi fino a 1000 anni

Una caratteristica della washi è quella di resistere al tempo. Ne è una prova lo Shōsōin di Nara, nella provincia di Mino, che ospita la carta più antica del Giappone, da cui prende anche il nome, la mino washi, la carta giapponese più famosa. Costruito nel 756 per custodire i preziosi oggetti dell’Imperatore Shōmu (701-756), il tempio ha conservato i registri scritti su carta giapponese, risalenti all’VIII secolo. Incredibile!

La washi è in grado di resistere anche all’acqua, ed è grazie ad essa se è sopravvissuta ai numerosi incendi che hanno devastato l’antica città di Tōkyō, quando ancora si chiamava Edo, capitale degli Shōgun Tokugawa dal 1603 al 1868. Una leggenda vuole infatti che per salvare i libri contabili dalle fiamme, i commercianti li mettessero nei pozzi. Una volta asciutta, la carta giapponese ha la capacità di tornare alla sua forma originale, mantenendo intatti i caratteri scritti con l’inchiostro.

Probabilmente è una delle ragioni per cui ha preso così piede nella vita dei giapponesi, per la sua capacità di rinnovarsi e mai distruggersi, seguendo i principi della religione shintoista. 

Come nasce la washi?

Il segreto della sua lunga vita sta nella scelta delle materie prime che la compongono e nelle tecniche completamente manuali che ne governano da secoli la lavorazione. La pianta che viene impiegata per la fabbricazione è il kōzo (gelso, quindi non il riso!) ma si possono usare anche altri tipi di piante come il mitsumata (arbusto della carta) o il ganpi (arbusto giapponese).

Per prima cosa vengono fatti bollire i rami del kōzo da cui si estrae la corteccia, dalla quale vengono rimosse tutte le impurità. Questo passaggio è uno dei più fondamentali per ottenere una carta di qualità ed è affidato a donne con una lunghissima esperienza, che passano interminabili ore curve davanti alle vasche di acqua fredda, concentrate nella rimozione di qualsiasi segno di imperfezione e polvere. La corteccia viene poi battuta a mano utilizzando mazze di legno per sciogliere le fibre. Queste vengono poi immerse dentro ad una vasca (sukibune) riempita d’acqua e mescolate insieme a una sostanza mucillaginosa, l’aibika, che funge da collante. Il contenuto della vasca viene poi filtrato attraverso una grande cornice dotata di un setaccio di bambù (sukisu) a cui viene impartito un costante movimento di oscillazione orizzontale e verticale. Questo per distribuire in modo omogeneo la polpa raccolta sul setaccio. Tolta dall’acqua, la carta viene poi lasciata essiccare al sole che sbiancandola le dona il suo naturale colore brillante.

Questo processo di lavorazione è quasi identico in tutto l’arcipelago, ma la carta che viene prodotta si distingue da regione a regione, in base al clima e al tipo di acqua con cui viene lavorata.

L’arrivo in Giappone della yōshi, la carta occidentale

La parola washi 和紙 deriva da wa 和 “giapponese” e shi 紙 “carta”, e viene usata per la prima volta in epoca Meiji (1868-1912) per distinguerla dalla carta occidentale, yōshi 洋紙 (da “occidente”, shi “carta”), che aveva da poco fatto il suo ingresso in Giappone. A differenza della washi, la fabbricazione della carta occidentale è affidata a macchine e all’impiego di prodotti chimici. Questo se da un lato permette di ottenerne maggiori quantità, dall’altro ne peggiora la consistenza, rendendola soggetta a deterioramento. I costi più contenuti della yōshi hanno però permesso la sua rapida diffusione in Giappone, favorendo un sempre minor utilizzo della washi.

Il Mino washi museum

Considerata un patrimonio culturale, non sorprende che la washi abbia un museo dove poterla ammirare. La cittadina di Mino, nella prefettura di Gifu, che gode della maggiore produzione di carta giapponese, ospita infatti il Mino washi museum, dove è possibile scoprire la storia, le tecniche di lavorazione, oltre a partecipare a mostre e laboratori. Una vera e propria immersione alla scoperta dei segreti della washi!

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Seijin no hi. La festa che celebra la maggiore età in Giappone

Sapevate che per i giapponesi la maggiore età non corrispondeva ai canonici 18 anni ma ai 20?

Questo, in via ufficiosa, fino al 2018, quando il Parlamento ha approvato una riforma del codice civile che abbassa l’età adulta a 18 anni.
Essendo questa una tappa molto importante, non poteva non avere un giorno a lei dedicato, che prende il nome di Seijin no hi, 成人の日, la giornata dell’ età adulta, dedicata a tutti coloro che abbiano raggiunto i 18 anni o che stiano per compierli entro il 1° aprile dell’anno in corso. A partire dal 1° aprile 2022, è entrata infatti in vigore la riforma parlamentare, e il giorno viene quindi festeggiato anche dai diciottenni.

Così come accade in altre parti del mondo, la maggiore età in Giappone permette di votare, fumare,  chiedere un mutuo e molte altre cose, all’infuori di comprare alcolici (questo è stato infatti mantenuto a partire dai 20 anni anche dopo la riforma),

Come gran parte delle feste giapponesi, anche questa ha una sua storia con degli aneddoti.
La festa, oggi celebrata il secondo lunedì di gennaio, sembrerebbe avere origini antichissime. Risale infatti al 714 d.C, quando un giovane principe decise di tagliarsi i capelli in occasione dell’età adulta. Venne però ufficialmente istituita nel 1948 e stabilito il 15 gennaio come giorno a essa dedicato, giorno che poi fu spostato al secondo lunedì di gennaio nel 2000.

Come viene trascorso il seijin no hi dai giapponesi?

Durante il seijin no hi, molti ragazzi che studiano fuori dalla loro città natale, tornano dalle loro famiglie e indossano gli abiti tradizionali, nel caso dei ragazzi un particolare kimono che prende il nome di hakama, nel caso delle ragazze un haregi, un kimono con delle maniche molto lunghe, colori e disegni bellissimi. E’ tradizione anche recarsi presso i templi per mostrare gratitudine agli dèi.

Come ogni traguardo che si rispetti, non mancano in tutto il paese cerimonie e manifestazioni che rendono omaggio a questo importante ingresso nel mondo degli adulti.
E voi, come festeggerete o avete festeggiato i vostri 18 anni?

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aoshima l'isola dei gatti

44 gatti… o molti di più! Aoshima, l’isola giapponese popolata quasi interamente dai piccoli felini

Chi di voi ha un gatto alzi la mano! Non vi sarete allora sicuramente persi i mille gadget dedicati ai nostri amici felini e, sicuramente, nemmeno i locali a tema che ormai sono nati in diverse città italiane. Se abitate a Roma, poi, certamente non avrete perso l’occasione di fare anche solo un veloce saluto alla tradizionale colonia felina che popola Largo di Torre Argentina.

Ebbene, amanti del Giappone e dei gatti, esiste qualcosa di molto più sorprendente che può far convergere queste due vostre passioni! Sto parlando di Aoshima 青島, una piccola isola della prefettura di Ehime, nella regione dello Shikoku, che è stata ribattezzata proprio “isola dei gatti” (猫の島 Neko no shima).

Inutile dirlo, questo piccolo centro è meta privilegiata per chi ama gli animali ma, per questa sua particolarità, anche per gli appassionati di fotografia e turismo “alternativo”. E pensare che non è l’unica isola giapponese ad avere questa caratteristica (ce ne sono almeno una dozzina: ad esempio altre famose isole dei gatti sono Enoshima nella prefettura di Kanagawa, Okishima nella prefettura di Shiga e Sanagishima nella prefettura di Kagawa). Nonostante questo, Aoshima è certamente la più famosa, anche perché il numero di felini, se rapportato a quello degli abitanti che popolano il piccolo centro, è davvero sorprendente: sembra che la proporzione sia di 6 a 1….chiaramente in favore del numero di gatti. Sono i veri padroni dell’isola!

La curiosità allora non lascia scampo… ma perché in questa piccola isola la presenza di questi felini è cosi importante? Lo è non solo per i numeri, ma anche per un discorso di opportunità e utilità (almeno inizialmente).

Al termine della seconda guerra mondiale, sull’isola fu portata una colonia di gatti per motivi economici e di sostentamento: la popolazione viveva di pesce e, nemmeno a dirlo, i topi sono i peggiori nemici dei pescherecci! Così, i circa 900 abitanti di Aoshima, nel 1945 adottarono questo piccolo gruppo di gatti.

Nel corso del tempo, però, la situazione è molto cambiata: la popolazione dell’isola si è ridotta notevolmente (ad oggi si tratta per lo più persone anziane e pensionate) mentre la colonia felina ha continuato a moltiplicarsi, tant’è che in diversi casi si è ricorso alla sterilizzazione. Ma com’è il rapporto tra loro? Alcuni abitanti li ritengono troppo invadenti e cercano di sfuggirne o di allontanarli, molti se ne prendono cura, come si fa con i propri animali domestici perché, di fatto, sono ormai parte della loro vita, anzi, non si può negare che la caratterizzino e, forse, influenzino, parecchio! Questo anche perché la particolarità di quest’isola non sfugge ai turisti che ogni giorno raggiungono l’isola per godere di questo particolare spettacolo e per conoscere questi ospiti che forse, in uno spazio cosi ristretto e in numero cosi grande, non avrebbero mai immaginato di incontrare!

La curiosità è quindi molta e, certamente, può essere assecondata ma solo ad una condizione: nel pieno rispetto di un posto che non ha né attrezzature né vocazione turistica e che, nonostante questo, mette a disposizione la sua accoglienza per chi vorrà goderne in punta dei piedi.

Se vi piacciono molto i gatti e ne vorreste avere alcuni in origami, da regalare o da realizzare come originali bomboniere, contattate pure L’acero rosso nel modulo in basso, sarà felice di esaudire le vostre richieste!

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    Il giardino delle parole di Makoto Shinkai – Il fascino silenzioso della pioggia

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    Il rombo del tuono | nel cielo nuvoloso | forse pioverà | e, quando accadrà | resterai con me?

    Il giardino delle parole, titolo originale Kotonoha no niwa, è prima di tutto un film di animazione giapponese del regista Makoto Shinkai uscito nel 2013 e da cui è stato poi pubblicato per mano dello stesso autore anche l’omonimo romanzo e manga.

    La prima versione cartacea è stata quella del romanzo, edito dalla JPOP, che arricchisce la versione animata inserendo altri personaggi e i loro punti di vista.
    E’ stato poi pubblicato anche il manga, edito in Italia dalla Star Comics, in cui i disegni stupendi fanno da sfondo alla storia narrata nel film.

    Prima il film, poi il romanzo e infine il manga affrontano con grandissima sensibilità e delicatezza il tema dell’amore tra persone di differente età, il periodo difficile dell’adolescenza e la fragilità dei sentimenti umani. Protagonisti sono Takao, uno studente che sogna di lasciare la scuola per diventare un calzolaio, e una donna più grande, quasi misteriosa, Yukino, con la passione per la poesia e di cui scopriremo piano piano la vita fino al colpo di scena finale.

    La vicenda si svolge in un giardino di una città giapponese, dove Takao si rifugia per evitare le lezioni, un luogo completamente isolato dal ritmo frenetico dei giapponesi, un posto in cui regnano la pace e il silenzio.

    Oltre ai due personaggi, la pioggia e le scarpe sono i co-protagonisti del Giardino delle parole, in cui Takao e Yukari fanno quasi da sfondo. In questo luogo dove i rumori urbani fanno da eco lontano,  avvengono gli incontri tra due persone perse nella loro solitudine, che solo traendo forza l’uno dall’altra tornano a guardare la vita con occhi nuovi.

    Dove acquistare il libro e il romanzo?

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